If you can’t eat, just write.

mercoledì 5 febbraio 2014



Ho visto un angelo nel marmo e ho scolpito fino a liberarlo.
— Michelangelo (via inthemoodtodissolveinthesky)

Conversioni unitarie
Cammino in un flusso
di vento
che è storia,
dove gli eventi
impattano addosso,
scivolando indietro,
sfilacciando un po’.
E’ polvere di me quel che si perde
in rivoli sabbiosi
da disperdersi alle spalle.
Mi disfo qui,
per ricompormi altrove.
Anche questo
è movimento.
I.S.A.

Istantanee Di Vita

La musica riecheggiava nel teatro,
la sinfonia prendeva possesso del suo corpo, la mente libera, il respiro ritmato, gli occhi chiusi per poter sostituire la realtà che la circondava con qualcosa di più adeguato, che avesse le forme giuste, giusti colori.
Ogni senso era impegnato a trarre il massimo piacere da quell’atmosfera, per nulla al mondo avrebbe dovuto spezzare quell’incantesimo.
E invece lo fece: per qualche oscura ragione, aprì gli occhi.
Improvvisamente il destino, come a voler dimostrare la sua indignazione per quella mancanza di riconoscenza, fece sì che lo sguardo della ragazza si posasse forse sull’unico oggetto su cui non doveva proprio poggiarsi: quell’orecchino.
Non un semplice orecchino, ma il suo orecchino.
Il problema, intendiamoci, non era l’orecchino, ma la persona che c’era appiccicata; sì, perché attorno a quel dilatatore c’era la figura del suo migliore amico.
“Migliore amico”, le veniva quasi da ridere per quanto fosse inappropriata e ridicola quell’espressione; da anni erano stati incitati dal buonsenso ad etichettarsi come migliori amici. Niente di più forviante e fuori luogo. Forse non erano nemmeno amici, non al momento comunque: non dopo l’ennesima litigata priva di senso, lo scorso giorno. Una discussione assurda, come assurdo era il loro rapporto: continui alti e bassi, avvicinamenti e allontanamenti, una relazione in stile-montagne russe. Non ricordava più nemmeno quale fosse stata la scintilla di quest’ultima sfuriata, o forse non la conosceva proprio; però conosceva il suo orgoglio: questa volta non avrebbe cercato di sistemare le cose, non avrebbe chiesto scusa per delle parole pronunciate al momento sbagliato in un modo ancora più sbagliato.
Avrebbe invece concentrato tutte le sue forze per ignorare e azzittire la parte di lei che ricordava la sensazione dei capelli del suo “migliore amico” tra le dita, il profumo che metteva per potersi avvicinare a lei, cercando di nascondere l’odore dell’ultima sigaretta , il contatto delle sue labbra sul collo e il brivido che ne scaturiva.
Avrebbe racchiuso ogni suo ricordo e sensazione in un cofanetto, l’avrebbe lasciato qui, al sicuro e lontano …
avrebbe poi ripreso il solito treno che periodicamente la riportava lontano da casa.

Ilaria